Nelle Call to Action, devo cliccare o non cliccare? Che dilemma.
I pulsanti sono così accattivanti?
Perché per noi esseri umani i pulsanti sono così attraenti? Se l’è chiesto Rachel Plotnik, studiosa dell’Università dell’Indiana, che per sette anni si è dedicata alla tematica dell’importanza dei pulsanti e dei complessi meccanismi psicologici che vi stanno dietro.
I suoi studi sono diventati un libro intitolato “Power Button: a history of Pleasure, Panic, and the politics of pushing”.
Questo libro racconta l’origine della cosiddetta “push-botton society”; ma vediamo insieme i temi principali che definiscono questa cultura del pulsante.
I pulsanti “non sono per tutti”
Premere un pulsante facilita la vita? Oserei dire non sempre; proprio il contrario di quanto aveva affermato la Eastman Kodak Company all’inizio del Diciannovesimo secolo.
L’azienda, infatti, promuoveva lo slogan “Tu premi il pulsante, noi facciamo il resto”.
Naturalmente, tale campagna pubblicitaria, ha aperto tutte le porte possibili per il mondo della fotografia e dei selfie stessi (anche se in questo caso lo slogan più corretto sarebbe “Tu premi il pulsante che tanto poi ci pensano le app a sistemarti la faccia”, ma questa è un’altra storia).
Fatto sta che in molti contesti, sia attuali che passati, i pulsanti sono risultati tutto tranne che semplici da utilizzare.
Un esempio? Pensate a quando siete a piedi fermi al semaforo e state aspettando che questo diventi verde, scommetto che la maggior parte di voi, in questi casi, preme in modo ossessivo compulsivo il povero tasto per l’attraversamento pedonale…quante volte hai valutato l’idea che fosse un tasto finto?